Roma città delle donne

Il protagonismo delle donne è
il più potente fattore di sviluppo e cambiamento per Roma.

Nel 2019 le donne rappresentavano in Italia il 57% dei laureati (a Roma il 55%), dato che scende al 47% se si guarda alle donne ricercatrici universitarie e solo al 25% se vediamo il numero dei professori ordinari.

Sempre nel 2019 a Roma solo il 45,1% delle donne risultava occupata, e di questa parte il 31,2% aveva un contratto part-time (fonte: Ufficio Statistico Comune di Roma Capitale, Istat). Su un totale di 17.032 dirigenti d’azienda le donne erano solo 3.933 (dati ManagerItalia, INPS).

Il dato sopra comporta che le donne hanno, in famiglia, una minore retribuzione rispetto al marito/compagno, con conseguente divario pensionistico (Italia al 22° posto in Europa su 28) e dimostra che il lavoro di cura (figli piccoli o genitori anziani) è ancora quasi esclusivamente a carico delle donne. E’ dunque importante parlare di parità retributiva tra i sessi ripensando le politiche per il lavoro e per la conciliazione e il welfare.

Cosa stiamo perdendo rinunciando al lavoro delle donne? Come dimostrano i calcoli svolti da Bloomberg sui dati Eurostat, stiamo rinunciando a un’opportunità che vale 88 miliardi€. Tanto sarebbe il valore prodotto dalle donne se si alzasse la loro partecipazione al mercato del lavoro.

Se infatti le donne che a oggi non trovano lavoro o hanno rinunciato a cercarlo entrassero nel mercato del lavoro, ci sarebbe un incremento del 18,2% del PIL.

La conciliazione diventa così l’elemento fondante di un modello integrato di politiche organizzative, lavorative, gestionali, formative, sociali, territoriali e di welfare, basato su una mescolanza di tempi di vita e sulla risposta alle nuove esigenze di servizi  alla richiesta di diritti sociali che proprio la crisi pandemica ha ultimamente messo in evidenza.

Come già ampiamente dimostrato dall’esperienza fatta in tante organizzazioni, pubbliche e private, i fattori di diversità (leadership diversificata e forza lavoro equilibrata tra i generi) hanno un impatto significativo per avere una mentalità innovativa. Diffondere una cultura della parità nelle organizzazioni ha difatti un effetto moltiplicatore essenziale per le aziende, ma anche per le istituzioni, per massimizzare l’innovazione.

Per poter dare un adeguato sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità dobbiamo mettere a punto una strategia fondata su modelli flessibili di: organizzazione del lavoro, sviluppo della qualità di vita e di lavoro, organizzazione dei tempi e degli spazi delle città, sviluppo di attività formative per nuove competenze, relazioni sociali e politiche ambientali propri di una società conciliante.

Favorire l’equilibrio tra vita e lavoro è strategico per imprese e PA che intendono attrarre e mantenere talenti e profili qualificati al loro interno, in quanto, la possibilità di gestire in modo equilibrato la vita privata e quella professionale è sempre di più, insieme alla componente retributiva, uno degli elementi fondamentali nella scelta del lavoro. Nel contempo i benefici della conciliazione riguardano non solo i lavoratori e le lavoratrici, ma anche i datori di lavoro – siano essi pubblici o privati – e si estendono fino al territorio, che diventa inclusivo e sostenibile, favorendo sia la produttività e lo sviluppo economico che la qualità della vita dei cittadini.

Da una maggiore occupazione
delle donne passa anche la nostra capacità di essere autonome e libere nelle nostre scelte.

Da ciò si evince che, anche nelle sostegno delle donne che si trovano in percorsi di uscita dalla violenza di genere, agire sul loro reinserimento del mondo del
lavoro, aiuta la loro indipendenza e fiducia in se stesse e nel futuro. E’ necessario quindi non solo dotare ogni Municipio di un Centro Antiviolenza (CAV), ma anche affiancare i suddetti centri con percorsi di formazione lavorativa e inserimento nel lavoro per le donne ospiti dei centri stessi. Il lavoro diventa quindi una leva di rinascita e rinnovata consapevolezza dei propri talenti.